mercoledì 26 maggio 2010

In fila ordinati, a coppie di tre!


Stamattina sono andato agli uffici della GTT - Gruppo Torinese Trasporti per rinnovare il permesso di sosta per i residenti, quale io sono. Residente, non permesso di sosta.

Camminando su alcune mani e piedi mi son spinto fino alla macchinetta che distribuiva il numeretto e mi sono messo a leggere tutte le possibili casistiche per capire quale categoria di numeretto dovessi prendere: A, B, C, D o E. Dopo circa 15 minuti a fissare ebete la spiegazione dei servizi disponibili, sono giunto alla conclusione che la mia categoria fosse quella del "non ho capito cosa schiacciare" e così ho premuto a caso a mano aperta e mi è uscito il C95.

"Affondato!" mi grida un anziano con gli occhi spiritati quando leggo ad alta voce il mio numero, poi scoppia a ridere sguaiato, quindi, improvvisamente come ha cominciato, smette e si piega in lacrime, singhiozza qualche secondo, quindi si raddrizza serio, si gira e spintonando i suoi vicini parte di corsa sfondando la vetrata all'ingresso e lanciandosi in strada, dove viene investito in pieno dal tram 18 che lo porterà in zona Fiat Mirafiori o più probabilmente l'ha ammazzato.

Nessuno sembra notare la scena e io non voglio fare la figura di quello che è appena arrivato e non sa come giri il mondo, quindi con totale disinteresse tiro dritto per la mia strada, cioè sto fermo, perchè c'è talmente tanta gente che non posso avanzare di un passo e nemmeno vedo gli sportelli.
Stringendo, stringendo, ma proprio stringendo gli occhi mi appare però in lontananza uno schermo con dei numeretti rossi che suppongo sia il display che regola il traffico della coda.
Da qui in fondo però non siamo così fortunati da poter distinguere le scritte, quindi ci affidiamo ad un uomo sulla quarantina a mezza fila che col binocolo uscito questa mattina su Topolino si assume il compito di piccola vedetta lombarda.
Lui binocola il display e poi con voce ormai fioca e stanca declama il numero, quelli dietro di lui lo riportano a quelli dietro ancora e così via, finchè non arriva a noi in fondo, nei pressi dell'ingresso dove una volta c'era una porta a vetri.
Attendo con ansia che arrivi la prima chiamata per quelli che devono essere circa 25 minuti quando mi sembra di percepire del tramestio e vedo l'omino là, a mezza fila, che si gira e urla qualcosa. E poi l'onda si avvicina, altri che si girano e gridano qualcosa e ancora altri dietro che si girano e gridano ad altri che si girano a loro volta gridando e ancora e ancora e ancora e finalmente la voce si avvicina e comincio a distinguere qualcosa, finchè una donna 6-7 file davanti a me si volta e io vedo le labbra che si muovono come a rallentatore e la sento distintamente scandire queste parole:
"C i b a r i e   p e r   r a t t o".

Io di nuovo non voglio fare quello che non capisce nemmeno di stare al mondo e quindi commento ad alta voce "Aaahhh...ecco....cibarie per ratto..." annuendo complice con la testa, ma in realtà dentro di me sono un po' spaesato.
Intanto le persone di fronte a me, che sono evidentemente più addentro alla questione, cominciano a discutere animatamente e giungono alla conclusione che sì, deve essere stato chiamato sicuramente il C34 o comunque dieci numeri più dieci numeri meno.
In ogni caso dovrò attendere ancora un po', quindi mi incastro ben bene tra il cinese alla mia destra e l'anziano in stampelle alla mia sinistra, punto la sveglia alle 13 meno un quarto e mi addormento.
Mi sveglio bruscamente quando il cinese alla mia destra viene meno per asfissia, facendomi inclinare pericolosamente su un fianco e per fortuna che la ragazza con le trecce verdi mi salva dal cadere sul neonato in carrozzella.
Mentre cerco di salire sul corpo del cinese per guadagnare qualche centimetro d'altitudine, ricordando dall'opera di Von Clausewitz che in situazioni di guerra la posizione sopraelevata è considerata piuttosto vantaggiosa, mi cade l'occhio sul bigliettino che ancora stringe nella mano morta: E22.
Mi immergo e lo afferro, per sicurezza, ricordando dall'opera di Von Clausewitz che in situazioni di guerra ogni buco è trincea.

Per intanto, i due gemelli culturisti di fronte a me si distanziano leggermente e tra loro fa capolino in retromarcia un pingue uomo vestito da pagliaccio che non è riuscito a voltarsi per via delle enormi scarpe da clown. Mi striscia di fianco e fa per imboccare l'uscita ancora in retromarcia, ma un attimo prima dell'ultimo passo grida "AL DIAVOLO TUTTI! TENETEVI IL MIO 50! IO NON CE LA FACCIO PIU'! AMMAZZATEVI PURE!" e lancia in aria il bigliettino, quindi scappa via ridendo e correndo al contrario e viene investito in pieno dal 18 nel disinteresse generale.
Buffo e triste omuncolo che ha barattato un 50 per un 18 che è appena appena la sufficienza e ti rovina la media.
Agguanto il fogliettino veloce come una marmotta, ma una marmotta davvero davvero veloce, e me ne beo facendo un concentrato gesto dell'ombrello a tutti i vicini eccetto ai due culturisti di fronte.

In quel momento mi si affianca un ingegnere del politecnico che guarda con invidia al mio C50 nuovo fiammante e io di rimando lo guardo incredulo perchè non si rende conto di tenere tra le mani, lui sì, un vero tesoro!
Gli propongo lo scambio e lui felice e ingenuo come un bambino accetta volentieri, forse pensando addirittura di aver fatto un affare: gli passo il mio C50 e prendo il suo C69!
Chiunque abbia mai organizzato una riffa o distribuito dei numeri di maglia sa benissimo che per avere il 69 la gente è disposta a vendersi la madre!
Do una pacca sulle spalle ai due culturisti e li invito a farmi strada, che so come fare a far passare tutti e tre in men che non si dica. I due buoi non se lo fan ripetere una seconda volta, uno afferra l'anziano con la stampella, l'altro il cadavere del cinese e, mulinandoli come mazzancolle, mi fanno posto fino in testa alla coda. Qui mi basta sventolare il mio C69 un paio di secondi per scambiarlo subito con le successive due chiamate C35 e C36 che regalo ai culturisti, perchè intanto chiamano l'E22 e io espleto la mia pratica al precipuo sportello, da gran signore e con tutta la calma del caso.

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